Gli italiani, fino al dopo guerra, erano il popolo più longevo al mondo dopo i giapponesi.
La geografia ci vuole mediterranei, eppure noi italiani, in piena crisi d'identità, viviamo la nostra condizione di mediterranei come una condanna. Perché ci sentiamo come un’appendice sempre più periferica di ciò che resta dell’Europa. Sicchè siamo culturalmente ed economicamente antimediterranei.
Un terzo della produzione alimentare dell’umanità proviene dalla regione Mediterraneo; visto che la biodiversità del bacino mediterraneo è seconda al mondo solo dopo l’Amazzonia. La Dieta Mediterranea è di conseguenza l’immagine di un magico equilibrio tra diversità culturale e biologica che fa dello stile di vita mediterraneo un'eccellenza mondiale. Perché è il termine greco “Dieta" che ce lo ricorda: “stile di vita”.
Ed è proprio la Dieta Mediterranea che ci insegna il suo approcio biopsicosensoriale e sociale: come filosofia terapeutica per il sovrappeso ed i disturbi del comportamento alimentare. La Dieta Mediterranea è consigliata infatti non solo nella prevenzione delle malattie cardiovascolari, diabete e tumori, ma anche e soprattutto per il suo valore terapeutico nella depressione e nei disturbi del comportamento alimentare.
"La missione della nostra Associazione Mediterran: il nostro stile di vita è quella di rimparare a mangiare accettando le nostre emozioni ed i nostri piaceri, fino a gustare serenamente un alimento riconfortante". Perché si può dimagrire senza imporsi dei regimi costrittivi e soprattutto correggendo i nostri più sregolati comportamenti alimentari. Perchè l'insistenza genera sempre resistenza. Come l'accanimento nella volontà di governo, nel sopprimere il disordine e nel controllo delle proprie emozioni, che tende sempre al suo contrario. Permettendo alle emozioni compulsive di prendere il controllo del nostro corpo.
Il problema non è cercare riconforto nel cibo ma non riuscire più a riconfortarci grazie al cibo, innescando una catena che porta ad un vuoto incolmabile. Perché non si tratta di eliminare il disordine ma di dare al disordine una giusta forma. Perché l'impatto con l'ingovernabile ci costringe a convivere ed ad accettare le nostre emozioni. Nella scoperta della propria identità.
Il primo sintomo di disturbo del comportamento alimentare è infatti la rottura del convivio. Perché la rottura del convivio è frutto della rottura epocale che si è verificata in tutto il mondo democratico occidentale. E non solo nella politica, ma nella vita e nella sua complessità. In una manifesta crisi d'identità. Nella famiglia, nei rapporti uomo-donna, nella scuola per i figli, nelle istituzioni che debbono governare e controllare il paese, nel lavoro e nella proiezione del nostro futuro.
Anestetizzandoci per non soffrire, come nell'obesità. Dove il superfluo ha preso il sopravvento sul necessario. In una bulimia consumistica che ci porta alla disfatta della nostra volontà. Per colmare un vuoto d'identità. Come in alcune forme di anoressia, innescate e nutrite da un desiderio edonistico ed agonistico di bellezza. Per essere più in forma degli altri. Fino al desiderio di autodistruzione. Nel deperimento fisico, dove siamo artefici e non vittime delle nostre sofferenze. In una richiesta disperata di attenzione.
Il tutto fu già analizzato da Pier Paolo Pasolini che con la sua profezia visionaria anticipò la nostra crisi d'identità di 40 anni.
Comments