Un antico detto mediterraneo ci insegna che per conoscere veramente una persona bisogna mangiare a tavola con lei. Possibilmente intorno ad una tavola rotonda. Come nella locandina del nostro Festival Internazionale della Cucina Mediterranea, a simboleggiare il nostro Mediterraneo, per poter mangiare tutti insieme i frutti del suo magnifico territorio. Alla stessa tavola. Da dove proviene un terzo di tutta la produzione alimentare planetaria dell’umanità e seconda biodiversità al Mondo solo dopo l’Amazzonia.
Nel mondo animale, quello che ci distingue dalle altre specie è proprio il cucinare e mangiare insieme, intorno allo stesso tavolo, i prodotti elaborati dai nostri fornelli. È per questo che in questi tempi di cambiamenti climatici, migrazioni, disintegrazioni e opposizioni identitarie, conoscere la cultura alimentare propria, e degli altri, diventa un potentissimo strumento educativo che riduce le distanze, le diffidenze e le resistenze. Conoscere le nostre tradizioni alimentari e la nostra più intima identità rende meno temibili le diversità altrui. Perché è la cultura che ci aiuta non solamente a dar un senso alla nostra vita ma anche a definirci nel rapporto con l'altro, in un cammino verso la nostra pace e la tolleranza. Ed è il motivo per cui l’Agenzia della Cooperazione italiana allo sviluppo ha finanziato la scorsa edizione del nostro Festival attraverso il progetto “Le ricette del dialogo”. Perché il nostro futuro dipende proprio dall’uso che faremo del nostro cibo. Non solo per sopravvivere ma per vivere in salute, oltre che in pace, con gli altri, con noi stessi e con l’ambiente che ci circonda. Ecco dov’è nascosto il segreto che ha fatto di noi italiani il popolo più longevo al mondo dopo i giapponesi. Nel nostro stile di vita mediterraneo. Frutto della biodiversità e diversità culturale della Regione Mediterraneo. Ed è proprio il "convivio", quindi, grazie al suo importante valore simbolico, a permetterci di svolgere un lavoro terapeutico trasversale, su più livelli di problematiche culturali e "biopsicosociali". Per chi soffre di disturbi del comportamento alimentare cucinare serve infatti a riprendere "il controllo sul cibo" e al tempo stesso a socializzare in gruppo, per distogliere l'attenzione dall'oggetto della propria dipendenza: in questo caso il cibo. Far la spesa in un mercato locale, parlare con i contadini, scegliere prodotti artigianali, leggere meglio le etichette, mangiare meno carne e prediligere varietà autoctone, protegge la biodiversità, diminuendo l'impronta ecologica dell'uomo sull'ambiente. Solo con la sinergia tra azioni individuali, associative e politiche pubbliche si può dare una risposta concreta ai cambiamenti climatici. Perché per vincere questa scommessa c'è bisogno di una nuova cultura e di nuovi valori fondati sulla sostenibilità e sulla convivialità. Perché mangiare insieme è un atto educativo alla base della nostra civiltà mediterranea. Dietro ogni cibo e dietro ogni sapore c'è una storia sociale e personale, che viene da molto lontano. Un'identità che è stata dimenticata negli anni di bulimia consumistica. Quando l'idea di sviluppo infinito ha prodotto corpi a sua immagine e somiglianza: obesi da un lato e sottopeso dall'altro. Entrambi malnutriti, o per eccesso o per difetto. Perché ancor oggi l'umanità resta divisa in due: tra chi ha più fame e poco cibo e tra chi ha troppo cibo e poca fame. Tra chi è alla ricerca del mangiare e chi cerca di digiunare per non ingrassare.
Buon 2019 a tutti!
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